Intervista a Gloria Macaluso

Quello di oggi è un articolo un po’ diverso dal solito: infatti, dopo aver ospitato un post scritto da un’autrice, questa settimana pubblico un’intervista a Gloria Macaluso. Non ve la presento perché ho chiesto a lei di farlo!

Vi lascio quindi all’intervista a Gloria Macaluso, per chi ancora non la conoscesse… misteriosa figura dell’altrettanto misterioso mondo dell’editoria.

Ciao e benvenuta sul mio blog! Ti va di iniziare raccontando ai lettori qualcosa su di te?

Il classico “ci sarebbero tante cose da dire” me lo risparmio, meglio andare sul semplice: mi chiamo Gloria e sono un’editor. Sì, con l’apostrofo, ché è femminile. Lavoro con i romanzi da otto anni, collaboro con autori privati, case editrici e aziende. Sono docente di scrittura e di editing, creo contenuti per lo più formativi in tanti posti del web per aiutare sia chi scrive sia chi edita a muoversi nella poetica giungla dei libri. Mi piace la liquirizia, i gatti, Doris Lessing, Virginia Woolf e Natalia Ginzburg. Sono una lettrice onnivora, ma ho una passione per le storie familiari e la prosa diluita nel flusso di coscienza. Abito in campagna, e mi sono trasferita da poco letteralmente a cento metri da un fiume.

Quando hai deciso di far diventare la tua passione per la lettura e per i libri un lavoro?

È una domanda che presuppone che io abbia sempre avuto la passione per la lettura, il che è vero ma non il tipo di passione che serve per fare l’editor. Non è una distinzione che sento spesso, ma forse è il caso di farla: la passione per la lettura non può diventare, da sola, un lavoro, questo lavoro in particolare. Al massimo ne è il motore. Mi è sempre piaciuto leggere e sono nata in una casa di lettori, ma dalla passione di lettrice al lavoro di analisi e critica sui testi ne passa di acqua sotto i ponti.

Questa domanda me la sono posta la prima volta in un cortile universitario di Pavia, ascoltando la conversazione di due conoscenti su un libro: avevano opinioni totalmente contrastanti. Fu un dialogo così acceso che, per curiosità, comprai il libro in questione e iniziai a sviscerarlo: una vivisezione (perché i libri, le parole, sono cose vive), che mi fece capire quanto si possa discutere su un singolo passaggio, quanto si possa ragionare sulle storie. Il libro non mi piacque, così da allora iniziai a comprare libri che speravo non mi piacessero, con l’obiettivo di capire il perché e se fosse solo il mio gusto o se esistessero, fra le trame intricate di una narrazione, elementi oggettivi da valutare. Ne esistono. Iniziai da lì.

Come ti sei formata e/o continui a formarti?

Sono stata molto fortunata. Proprio nel periodo della lettura bulimica di libri “brutti”, un amico di famiglia che ha lavorato in editoria per decenni iniziò a seguirmi nella formazione. È una fortuna che non capita quasi più, per questo il mestiere dell’editor è (ed è spesso stato) così avvolto da una coperta oscura: non c’è più tempo, soldi o voglia di formare spontaneamente le “nuove leve”, per questo dico di essere stata fortunata. Mi fece lavorare a decine di testi, fu un anno di formazione leopardiana, matta e disperatissima, ma estremamente importante.

Imparai un metodo senza snaturare il mio carattere e il mio modo di vedere le storie; studiai narratologia, linguistica, teoria della critica letteraria, tecniche di revisione e di approccio, storia dell’editoria e approfondimento sul testo narrativo. Mi presentò al primo autore, e da lì iniziai a lavorare attivamente, continuando a studiare. Ogni anno o due, a seconda di quello che mi interessa, frequento corsi di aggiornamento oppure corsi di base, per rispolverare le competenze, sì, ma soprattutto per conoscere nuove opinioni (essendo il mio lavoro molto solitario, checché se ne dica). L’ultimo è stato “Il mestiere dell’editoria” per Lalineascritta – che consiglio caldamente.

Lavori da sola oppure hai dei collaboratori / delle collaboratrici?

Da otto anni a questa parte ho sempre lavorato da sola. È capitato, ogni tanto, che affidassi qualche editing o rilettura o correzione di bozze esternamente, ma non sono mai stata soddisfatta (non perché il lavoro non venisse svolto sommariamente bene, ma perché il metodo e l’approccio non erano quelli che cercavo). Da quest’anno ho deciso di cercare una persona che collaborasse con me e in questo primo mese del 2024 ne ho trovate tre, fra le quali sceglierò una collaboratrice. Non si tratterà, però, di lavoro sui testi, più di gestione dell’organizzazione lavorativa (mail, appuntamenti e qualche prova gratuita, sempre sotto la mia supervisione).

Non è snobismo, semplicemente questo mestiere richiede un certo grado di intimità già difficile da raggiungere in un rapporto uno:uno, quindi il “terzo incomodo” non può proprio esistere, non nel primo approccio. Mi spiego meglio: il lavoro sui testi è molto personale, l’editing che faccio io potrebbe essere diverso se non opposto dall’editing che fa un’altra persona, quindi i vari approcci con il testo devono essere distinti. Questo non significa che basti una sola persona per lavorare un romanzo; anzi, è proprio il contrario. Il più delle volte, infatti, è consigliatissimo che ci siano almeno due passaggi (editor + editor, ma anche editor + beta/alpha reader), per qualsiasi tipologia di testo e, di conseguenza, per qualsiasi tipologia di pubblicazione (più, ma spero di non doverlo precisare, una maniacale correzione di bozze). Ovviamente, l’insieme di questi passaggi è spesso un’utopia.

Hai qualche consiglio da dare a chi vorrebbe lavorare in editoria?

Leggete (tanto, tantissimo), ed emancipatevi dalle quattro regolette che trovate in qualsiasi corso di scrittura/editing a 9,99 €. Non che non si debbano conoscere, ma ogni romanzo è un mondo a sé, nonostante sia sempre (e obbligatoriamente) contaminato da tutto ciò che gli sta attorno. Non credete a chi si innalza paladino della correttezza e del così si fanno le cose perché un modo univocamente giusto non esiste se non in grammatica. E, ultima cosa da non fare, non vi fate abbattere da chi dice che in editoria non c’è più spazio, ma non mettetevi nemmeno a sbandierare conoscenze e competenze che non possedete. Studiate scrittura, narratologia, critica letteraria. Leggete, l’ho già detto? E studiate ancora. Dopodiché uscite nel mondo (fisico, sì, ma anche virtuale) e fate amicizia, conoscenza: quello dell’editor è un lavoro solitario, ma non solista.

Qual è un tuo obiettivo professionale?

Intendi come mi vedo da qui a cinque anni? Onestamente, non ne ho idea. L’obiettivo, la speranza, il sogno è quello di creare qualcosa che possa riunire chi scrive e chi edita senza pregiudizio o timore (e un po’ penso di averlo fatto con i progetti LaBussola  – www.labussolaegm.com), ma a livello personale non ho una sola strada o un solo punto di arrivo, questa determinatezza mi apparirebbe terribilmente limitante.

Infine, hai dei progetti particolari per il futuro?

Tanti, ma non posso ancora rivelarli. Posso dire, però, che in questo 2024 porterò avanti quelli già attivi: il laboratorio di editing, i contenuti su editing e scrittura, gli incontri in co-working, la newsletter e altre presenze in giro per il web – sperando, non si sa mai, di potersi incontrare anche offline, un giorno.

Ringrazio Gloria per il suo tempo e vi chiedo un feedback: vi piace questa tipologia di articolo?
E se sì, dopo questa intervista a Gloria Macaluso con quale figura del mondo editoriale vorreste che io facessi una chiacchierata?

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